Così ebbi vita, a San Vincenzo tra il bagnasciuga i cavalloni e il vento che qua sempre soffia leggero o spietato ad asciugare gli occhi, il sale e il sole a diluire i pensieri e farli uscire lenti come acqua dalle orecchie per trasformarli in speranze di futuro.
Mi chiamano “IL MARINAIO” perché guardo le onde che come jazz infinito si ripetono mai uguali da questo porto di mare e come vita arrivano ai miei piedi, il mio cuore non è di bronzo ma fatto del primo odore attaccato nella mente e del primo colore aggrappato all’anima. E di tanta sete di futuro.